L’imputabilità è una condizione necessaria affinché la persona che ha commesso un reato sia anche perseguibile legalmente per esso. Spesso, probabilmente influenzati dai telefilm e dai film americani, si tende a pensare che l’infermità di mente sia un modo per sfuggire ad una pena detentiva, ma non è del tutto esatto. Una persona non imputabile perché al momento del fatto non era in grado di intendere e di volere, se potenzialmente pericolosa per gli altri, non viene lasciata a piede libero e, piuttosto che in un carcere viene detenuta in una struttura comunque protetta, ma che ne garantisca il più possibile il recupero.
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Capacità d’intendere e di volere
Dobbiamo infatti ricordare che lo scopo della detenzione non è solo “punitivo”, ma principalmente di recupero dell’integrità della persona che ha commesso un reato; attraverso la pena il reo impara a non reiterare comportamenti analoghi ed allo stesso modo, la persona affetta da grave psicopatologia può essere curata.
La “capacità” che sottende l’imputabilità è sia di intendere, ossia comprendere che cosa sta succedendo in un dato momento e di prevedere per quanto possibile la conseguenza di una propria azione in quel determinato contesto; che di volere, quindi di autodeterminarsi sulla base dell’analisi dei dati di realtà.
Esistono tre cause in grado di escludere l’imputabilità:
- Fisiologiche (la minore età – 14 anni)
- Patologiche (infermità)
- Tossiche (intossicazione da alcool o stupefacenti)
In tema di imputabilità, le anomalie che influiscono sulla capacità di intendere e di volere sono soltanto le malattie mentali in senso stretto, ossia le insufficienze cerebrali originarie e quelle derivanti da conseguenze stabilizzate di danni cerebrali di varia natura e le psicosi acute o croniche.