Nell’ambito della separazione, certamente l’intervento del CTU e/o dei CTP deriva dalla necessità di richiedere un parere tecnico scientifico sull’adeguatezza genitoriale di uno od entrambi i coniugi, valutare il contesto relazionale degli ex coniugi, dei figli e delle famiglie di origine, evidenziare eventuali disfunzionalità di tali relazioni.
In tale ambito è necessario effettuare diversi colloqui clinici ed osservazioni dirette dei figli, dei genitori e del contesto familiare in toto. È spesso auspicabile l’utilizzo di alcuni test sia aspecifici che specifici che possano mettere in luce in maniera più oggettiva e chiara il vissuto dei figli, soprattutto quando sono piccoli.
La consulenza tecnica non è un mezzo di prova, ma un mezzo di integrazione in quanto il consulente non fornisce i dati obiettivi del caso concreto, ma gli strumenti logici e scientifici necessari per la valutazione dello stesso (art. 60 c.p.c.). La CTU non è inoltre uno spazio terapeutico, ma un ambito sempre e comunque valutativo e di indagine.
Il fine della Consulenza è quella di aiutare il Giudice a stabilire il regime affidatario dei figli più idoneo alla famiglia in esame e stabilire le modalità e frequenze di visita.
La separazione determina una faticosa e dolorosa ridefinizione dei ruoli, delle interazioni e delle funzioni familiari ed è imprescindibile dalla presa di coscienza circa i motivi che hanno portato al fallimento del matrimonio. Con ognuno degli ex coniugi vanno indagati tali cause e cosa queste significhino per loro stessi e la famiglia che avevano costituito insieme, in modo che si possa attribuire chiaramente la responsabilità di ciascuno ed accertarsi che essa venga assunta come tale.
Sebbene la coppia coniugale si vada ad infrangere, la coppia genitoriale deve invece rimanere tale, andando quindi a condividere un progetto genitoriale comune che minimizzi gli effetti, purtroppo ineludibili, che la separazione ed il divorzio hanno sui figli.
Tale ripercussione può essere molto grave, arrivando ad incidere addirittura sullo sviluppo psico-sociale dei bambini, sempre in relazione comunque alla loro età. In maniera più o meno consapevole, sono gli stessi genitori talvolta a mettere in atto azioni manipolatorie per portare dalla “propria parte emotiva” i figli della coppia e questa attività è spesso deleteria per la separazione, per l’affidamento e soprattutto per il benessere sia degli ex coniugi che dei figli. Tale comportamento se portato all’estremo va a determinare quella che prende il nome di Sindrome di Alienazione Parentale o PAS, per il suo acronimo inglese (Parental Alienation Syndrome).
In generale però, lo stesso cambiamento dell’architettura familiare, può incidere negativamente sullo sviluppo dei figli soprattutto quando si determina un tipo di affidamento (non mitigato dal diritto di visita) monogenitoriale. Non è tanto la perdita quindi dell’unione della coppia coniugale a destabilizzare i minori, quanto la necessità dei genitori di ridefinire chiaramente i ruoli che rivestono in questa nuova condizione familiare. La permanenza del conflitto tra coniugi si mantiene poi come principale fattore destabilizzante per i figli.
Naturalmente, una coppia separata senza conflitti, con un’ottima ridistribuzione dei ruoli familiari, può però andare incontro ad altre problematiche, in relazione al rapporto genitore/figlio, che rischia di subire delle modifiche in negativo proprio a causa dello stress della separazione.
Come accennato all’inizio di questa trattazione, l’età dei minori è fondamentale per comprendere il grado di influenza negativa che può avere sul loro comportamento e sviluppo; in generale, si riscontra che:
– Nei bambini dai 2 ai 3 anni e ½ vi è una forte regressione nel comportamento che può manifestarsi con enuresi (farsi la pipì addosso o nel sonno), o bisogno di affetto ed attenzioni. I bambini di questa età possono inoltre alienarsi, mettersi in disparte ed assumere un atteggiamento triste, imbronciato e smarrito.
– Dai 3 anni e ½ ai 6, si osserva un aumento del comportamento aggressivo con rottura di oggetti, aggressioni ai compagni di giochi, e così via. spesso compaiono anche atteggiamenti di paura.
– Dai 7 ai 10 anni i bambini sono consapevoli del proprio dolore e quindi possono esternarlo se sono abbastanza maturi emotivamente. Il sentimento ricorrente è di tipo abbandonico o di rifiuto quindi la principale fantasia che sviluppano è che i genitori decidano di tornare assieme. Sono frequenti somatizzazioni con mal di pancia, di testa, asma e così via e la loro comparsa/acutizzazione è spesso in relazione alle visite dell’uno o dell’altro genitore o dei conflitti tra di loro.
– Dagli 11 anni in poi i cambiamenti dati dalla separazione dei genitori, ma soprattutto nella relazione che si ha con l’uno e l’altro genitore, possono portare a conseguenze anche molto diverse tra loro che vanno dal maturare più rapidamente, con un miglioramento nell’assunzione delle responsabilità, ad un totale arresto dello sviluppo emotivo della persona, con manifestazioni antisociali, depressive, aggressive, fughe, ecc.