Il termine schizofrenia, introdotto da Eugen Bleuer all’inizio del ‘900, deriva dal greco “mente divisa” e rappresenta la più comune delle psicosi, tanto che spesso essa è considerata l’emblema di tutta la categoria diagnostica. Quando si sente parlare di schizofrenia, si pensa immediatamente alla malattia mentale, quella “vera”, quella da “manicomio e camicia di forza”, ma anche in modo più pittoresco alla mente deviata degli omicidi seriali… La verità è fortunatamente lontana da queste dicerie, ma l’uso improprio di termini come questo o la sua sopraordinata categoria: Psicosi, posso davvero trarre in inganno. Negli ultimi anni abbiamo assistito a vari tipi di “psicosi giornalistiche”: dei polli, della diossina, della spazzatura…beh sarebbe più esatto parlare di fissazioni, paure, a volte vere e proprie fobie!
I sintomi della schizofrenia possono interessare tutte le funzioni che caratterizzano il comportamento, la cognizione e le emozioni della persona: la percezione, il pensiero, il linguaggio, la volontà, la creatività e talvolta tale influenza può apportare anche alcuni miglioramenti, fermo restando che si tratta di una malattia fortemente intrusiva, persistente e quindi frequentemente invalidante.
Generalmente vengono identificate due principali classi di sintomi:
1) I sintomi positivi o produttivi
Deliri: sono pensieri e convinzioni assolute ed incontestabili radicate nel cervello del malato, ma prive di una base reale. Ad esempio, il paziente può affermare di essere seguito oppure osservato, o magari di disporre di poteri particolari che gli consentono di “dominare” gli altri.
Allucinazioni: sono percezioni (perlopiù uditive) di stimoli del tutto irreali, come sentire voci che parlano di lui oppure di vedere oggetti che si muovono fino al punto di inseguirlo.
Disturbi del pensiero: pensiero dissociato, “furto” del pensiero, influenzamento del pensiero, neologismi, “insalata” di parole, tangenzialità.
2) I sintomi negativi
Disturbi dell’affettività: appiattimento affettivo, ambivalenza affettiva, contraddizione, autismo.
Anedonia: mancanza di emozioni, abulia, isolamento e apatia. Lo schizofrenico perde progressivamente ogni interesse per quanto lo circonda e si chiude in se stesso, dimostrando una forte abulia nei confronti del mondo esterno. Non desidera più avere rapporti sociali, si estranea dal nucleo familiare e si chiude in un mondo tutto suo.
Disturbi catatonici: completo immobilismo e mutismo, o esplosioni incontrollate di aggressività; catalepsia (ossia la possibilità di posizionare le membra del paziente in qualsiasi posizione).
Secondo il DSM IV-R è possibile formulare una diagnosi di Schizofrenia quando sono presenti due (o più) dei seguenti sintomi caratteristici, ciascuno presente per un periodo di tempo significativo durante un periodo di un mese (o meno se trattati con successo):
deliri;
allucinazioni;
eloquio disorganizzato (per esempio, frequenti deragliamenti o incoerenza);
comportamento grossolanamente disorganizzato o catatonico, bizzarrie comportamentali, manierismi, posture;
sintomi negativi, cioè appiattimento dell’affettività;
Infine, sempre secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, la schizofrenia si differenzia in 4 sindromi:
forma paranoide-allucinatoria: con una marcata prevalenza di deliri ed allucinazioni, naturalmente oltre ai sintomi principali. Spesso assume una forma acuta e comincia durante o dopo il quarto decennio di vita;
forma catatonica: i sintomi catatonici sono molto marcati. Anche i deliri e le allucinazioni sono possibili;
forma ebefrenica: si sviluppa quando il paziente è ancora giovane. Caratteristica è la sensazione di superficialità che questi pazienti irradiano. La prognosi è decisamente sfavorevole;
schizofrenia semplice: questo processo ha luogo lentamente ed in maniera non drammatica. Con il passare dei mesi e degli anni, il paziente perde l’impulso all’iniziativa, rende sempre di meno, riduce i contatti umani, ed infine sviluppa quasi solo i sintomi principali ed essenziali della schizofrenia. La prognosi è negativa. Il paziente non ha praticamente chance di tornare veramente sano.
Nella realtà vi sono diverse sfaccettature e sovrapposizioni per cui ogni persona affetta da questo disturbo tende ad essere una realtà fenomenologica distinta dalle altre; inoltre nelle sue sottoforme il disturbo tende a manifestarsi con veemenza soltanto durante crisi acute, alternando quindi momenti di relativo benessere nel quale però si manifestano i sintomi persistenti della malattia, che ha un andamento decisamente cronico.
Secondo i riscontri dell’Oms, una persona su tre guarisce completamente, un terzo dei pazienti deve invece essere sottoposto a un trattamento prolungato, che consente comunque di svolgere alcune attività anche se non permette il ritorno a una vita completamente normale. Infine, un terzo tende a diventare paziente cronico, con progressive difficoltà a conservare le normali relazioni sociali; è possibile seguire alcuni training specifici che consentono di aumentare il numero e migliorare la qualità di alcune abilità, da quelle sociali a vere e proprie competenze lavorative che possono quindi incidere favorevolmente sulla qualità della vita.
L’ipotesi di una causa genetica della schizofrenia non è ancora stata confermata, ma è noto che la familiarità sia un fattore di rischio rispetto alla popolazione generale. Studi su gemelli omozigoti dimostrano infatti che vi sono altri possibili fattori causali, come:
Ambiente sociale – La schizofrenia tende a manifestarsi soprattutto nelle fasce meno agiate della popolazione e con basso livello culturale. Tuttavia non si sa con precisione se questa condizione sociale è una causa o piuttosto un effetto della malattia.
Vulnerabilità – Attualmente viene considerata l’ipotesi causale più accreditata e si basa sulla presenza di una componente genetica predisponente su cui agirebbero elementi esterni in grado di “scatenare” la malattia. In pratica, chi si ammala sarebbe particolarmente esposto alla patologia per motivi genetici, ma solo le condizioni ambientali, come per esempio una difficile vita familiare o scolastica, potrebbero dare il via ai sintomi.
Neurotrasmettitori alterati – I sintomi più gravi della schizofrenia (come i deliri) sono direttamente collegati a un aumento localizzato della dopamina, una sostanza chimica che ha il compito di favorire il passaggio dei segnali nervosi tra le cellule cerebrali, in alcune zone del cervello. In particolare, l’eccessiva attività stimolante della dopamina sarebbe presente nei punti di collegamento tra i neuroni, le cosiddette sinapsi. Da qui l’ipotesi biochimica della schizofrenia, che tuttavia viene ancora considerata tale perché non è ancora chiaro se l’eccessiva attività della dopamina sia una causa o una conseguenza della malattia.
L’insorgenza della schizofrenia non è quasi mai eclatante: possono verificarsi manifestazioni ossessive, come la sensazione di sentire odori strani o voci intorno sé. Nella maggior parte dei casi la malattia insorge in maniera molto subdola, e proprio questo rende molto difficile formulare una diagnosi precoce.
In genere vi è una comparsa progressiva di segnali che debbono mettere in allarme e che ricordano in qualche modo i sintomi più tipici della depressione: sospettosità, chiusura in se stessi, perdita di interesse per le attività quotidiane, ecc. In questa fase è molto comune scambiare i primi segni della schizofrenia con un quadro depressivo, anche perché non si sono ancora manifestate le tipiche “dissociazioni” con l’ambiente. Sarebbe invece molto importante riuscire a identificare precocemente la malattia, perché si è visto che l’intervento terapeutico in fase iniziale offre risultati migliori nel trattamento.