Il ritardo mentale è definito come un funzionamento intellettuale generale significativamente sotto la media, presente contemporaneamente a carenze del comportamento adattivo che si manifesta in età evolutiva, prima cioè del compimento del diciottesimo anno.
Per funzionamento sotto la media si intende un quoziente intellettivo (QI) pari o inferiore a 70, ottenuto in test psicometrici, ulteriormente definito dal livello di gravità come: lieve (QI 50/55-70 – che riguarda l’85% dei ritardi mentali), medio (QI 35/40-50/55 – il 10%), grave (QI 20/25-35/40 – il 10%) e profondo (QI inferiore a 20/25 – circa l’1-2%). Quando il ritardo mentale è profondo coinvolge in modo uniforme tutte le aree del funzionamento intellettivo. In genere, invece, gli individui con ritardo mentale mostrano relativi punti forza e punti deboli nelle abilità cognitive specifiche, che interagiscono coinvolgendo tutto il funzionamento cognitivo. Se infatti i test psicometrici standardizzati servono a formulare correttamente una diagnosi, utile anche per fini legali come certificazioni od inserimenti in centri specializzati, i test di abilità residua servono invece a sfruttare quelle capacità che l’individuo mantiene e che possono essere anche normali, per sopperire e migliorare a quelle che invece risultano deficitarie nei diversi ambiti: comunicazione, cura di sé, vita a casa, schemi sociali, uso della comunità, autodirezionalità, salute e sicurezza, funzionamento scolastico, lavoro, tempo libero.
Il ritardo mentale può essere causato da qualsiasi condizione che impedisca il normale sviluppo del cervello prima, durante, dopo la nascita o nel periodo dell’infanzia. Si possono distinguere fattori eziologici genetici (monogenetici, poligenetici, aberrazioni cromosomiche) e fattori acquisiti che possono essere gestazionali (malattie materne infettive, agenti chimici, traumi, ecc.), perinatali (prematurità, postmaturità, itteri, anossia, traumi cranici, ecc.) e post-natali (encefaliti, meningiti, vasculopatie cerebrali, ecc.).
Nel 50% dei casi però non è possibile individuare una causa precisa.
Quello che è importante in questa sede è ricordare che nonostante un ritardo specifico, misurabile con i test cognitivi standardizzati sia per bambini che per adulti, è possibile esaminare anche le abilità residue della persona con altrettanti strumenti ed andare quindi a lavorare su di esse per permettere all’individuo, bambino o adulto che sia, di migliorare la propria qualità di vita.
Come si manifesta
Solitamente un bambino con ritardo mentale giunge all’osservazione di uno psicologo o un neropsichiatra infantile poiché manifesta una bassa capacità di adattamento (o funzionamento adattivo), cioè presenta una bassa autonomia personale (rispetto alla capacità di autonomia che di solito è prevista per la sua stessa fascia di età e per il gruppo sociale a cui appartiene) e non sa far fronte alle difficoltà che gli si presentano. Il funzionamento adattivo, tuttavia, può essere influenzato non solo dal quoziente intellettivo ma anche da altri fattori (es. fattori di personalità, altri disturbi mentali) che possono essere presenti nei soggetti con ritardo mentale. In base alla gravità del disturbo vi possono essere vari livelli di limitazioni nelle capacità di adattamento. Le aree che possono essere interessate sono: la cura della persona, la comunicazione, la vita familiare, le capacità sociali e interpersonali, la capacità di provvedere a se stesso e alla propria salute, il profitto scolastico, il lavoro, il tempo libero, la sicurezza della propria persona e la capacità di utilizzare delle risorse nella comunità.
La caratteristica principale del ritardo mentale rimane, tuttavia, la presenza di un funzionamento intellettivo significativamente al di sotto delle abilità (es. abilità di ragionamento) ritenute adatte per una data età. Il funzionamento intellettivo viene chiamato quoziente di intelligenza (QI o equivalenti del QI) ed è valutato tramite l’uso di uno o più test di intelligenza standardizzati che sono somministrati al bambino individualmente (es. Scala di Intelligenza Wechsler per i Bambini – III Ed. e Stanford Binet – IV Ed.).
Come prima accennato, il ritardo mentale può essere: lieve, moderato, grave, profondo, ritardo mentale non altrimenti specificato (N.A.S.).
Ritardo mentale lieve (QI compreso tra 50 e 70)
Rappresenta la maggioranza dei ritardi mentali (85%). Da un punto di vista educativo viene definito “recuperabile”. I bambini affetti da un ritardo mentale lieve sviluppano competenze sociali e comunicative in età prescolare, hanno modeste difficoltà nell’area sensomotoria e spesso non sono distinguibili dagli altri coetanei fino ad un’età superiore. Riescono a raggiungere facilmente la quinta elementare ed un livello di apprendimento corrispondente alla prima e alla seconda media. Da adulti, di solito, riescono a badare a se stessi, ma possono necessitare di un aiuto e di una guida in situazioni inusuali.
Ritardo mentale moderato (QI compreso tra 35/40 e 50/55)
Rappresenta il 10% circa dei ritardi mentali. La maggior parte dei soggetti acquisisce competenze comunicative nella prima infanzia e, con moderata supervisione, è in grado di badare a sé. Trae giovamento da un insegnamento per competenze sociali e occupazionali, ma difficilmente arriva ad un apprendimento superiore alle prime classi elementari. Durante l’adolescenza, a causa delle difficoltà incontrate nel riconoscere ed accettare le convenzioni sociali, i soggetti con ritardo mentale moderato possono avere difficoltà nei rapporti con i coetanei. Da adulti possono svolgere lavori semplici in comunità protette.
Ritardo mentale grave (QI compreso tra 20/25 e 35/40)
Rappresenta il 3-4 % dei ritardi mentali. I soggetti con ritardo mentale grave raggiungono un linguaggio molto approssimato o non lo raggiungono affatto. Nella scuola dell’obbligo possono imparare a parlare e a svolgere compiti elementari, come apprendere l’alfabeto e contare. Da adulti possono essere in grado di svolgere attività semplici in strutture strettamente supervisionate.
Ritardo mentale profondo (QI uguale a 20/25)
Rappresenta circa l’1-2% dei ritardi mentali. La maggior parte dei soggetti con questo tipo di ritardo mentale presenta malattie neurologiche non identificate. Nella prima infanzia possono migliorare le funzioni senso-motorie, specie se inseriti in gruppi altamente strutturati con supervisione costante.
Ritardo mentale non altrimenti specificato (N.A.S.)
Comprende quei bambini con deficit multipli di cui è difficile valutare il livello di insufficienza mentale, presumibile soltanto attraverso l’osservazione esterna.
DECORSO
Il decorso del disturbo dipende dalla gravità, dalle cause e dal modello operativo di intervento. Soprattutto in presenza di ritardi mentali di entità lieve, l’intervento precoce risulta fondamentale per consentire un recupero maggiore delle funzioni deficitarie. I problemi di adattamento sono i più soggetti a miglioramento.
Non esiste un assetto di personalità tipico del ritardo mentale. Alcuni bambini sono passivi, placidi e dipendenti, mentre altri possono essere aggressivi e impulsivi; ciò capita soprattutto se il bambino non parla, per cui l’impulsività sostituisce le performance comunicative.
I trattamenti che risultano utili per il ritardo mentale sono:
interventi di tipo educazionale volti ad esercitare le capacità adattative, le capacità sociale e le attitudini lavorative nonché il miglioramento della qualità di vita;
parent training o interventi di tipo psico-educazionale per genitori volti ad aumentare nei genitori la consapevolezza dei limiti del paziente, la competenza nel sostenerlo ed aiutarlo e la capacità di gestire i propri sentimenti di colpa, disperazione, angoscia e rabbia riguardo alla condizione del paziente e alle prospettive future della sua vita;
terapia occupazionale volta ad incrementare le occasioni di intraprendere attività concrete, con lo scopo di migliorare l’autonomia del bambino o dell’adolescente;
trattamento farmacologico volto a contenere e ridurre stati di aggressività, comportamenti autolesivi, movimenti stereotipati e stati di disattenzione ed iperattività.
trattamento cognitivo-comportamentale che prevede, sul piano comportamentale, il miglioramento del comportamento sociale ed il controllo e la diminuzione di comportamenti aggressivi e distruttivi, mediante tecniche comportamentali volte a rinforzare i comportamenti desiderati e a punire quelli inopportuni. Sul piano cognitivo, lo scopo è quello di promuovere le competenze che il bambino possiede, in modo da potenziarle ed evitarne il deterioramento, e l’acquisizione di nuove abilità di fronteggiamento dei problemi.
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