Il primo a dare una definizione di ASSERTIVITÀ è stato Salter, il quale la delineò come un modello di comportamento capace di favorire il benessere della persona che lo mette in atto e allo stesso tempo di garantire un alto livello di civiltà nei rapporti umani.
Essa è la capacità in un contesto interpersonale, di affermare i propri diritti e bisogni, inibendo una risposta ansiosa e mantenendo una buona relazione con l’altro.
Alla base di un comportamento assertivo vi è dunque il riconoscimento di 11 diritti affermativi che sono:
- Hai il diritto di giudicare il tuo comportamento, pensieri, emozioni e di assumere la responsabilità per l’iniziativa e le conseguenze su te stesso
- Hai il diritto di non offrire ragioni e scuse per giustificare il tuo comportamento
- Hai il diritto di giudicare se sei in dovere di trovare le soluzioni ai problemi degli altri
- Hai il diritto di cambiare le tue opinioni
- Hai il diritto di commettere errori e di essere responsabile di essi
- Hai il diritto di dire: NON LO SO
- Hai il diritto di essere libero dal giudizio degli altri prima di entrare in relazione con loro
- Hai il diritto di essere irrazionale nel prendere decisioni
- Hai il diritto di dire: NON CAPISCO
- Hai il diritto di dire: NON ME NE OCCUPO
- Hai il diritto di dire: NO, senza sentire ansia o colpa.
Questi si presentano a livello cognitivo come pensieri automatici. L’assertivo riconosce il proprio diritto senza ansia, senso di colpa, o desiderio di prevaricazione dell’altro, pertanto risponderà di conseguenza ad ogni richiesta.
La persona aggressiva tenderà a vedere i proprio diritti sul punto di venir calpestati dall’altro pertanto li imporrà, a discapito del mantenimento di una relazione interpersonale positiva
Il passivo invece penserà a salvaguardare la relazione, accordando ogni richiesta all’altro a dispetto dei propri diritti.
Alla base dei pensieri automatici ci sono delle “credenze” ossia delle affermazioni di tipo “se…allora”.
ESEMPI
Facciamo degli esempi; una persona sta chiedendo ad un’altra: puoi occuparti del mio cane domani? La persona che risponde non può
L’assertivo di fronte ad una richiesta che non può accondiscendere applicherà il diritto di dire NO seguendo la credenza: se non posso farlo, allora declino educatamente la richiesta, quindi: “No mi dispiace, non posso proprio aiutarti”. In questo modo afferma il proprio diritto e mantiene una relazione positiva con il richiedente.
Le risposte date saranno imprevedibili, esplosive, sproporzionate allo stimolo, inadeguate e causa di sensi di colpa, espressione d’ostilità o rancore da parte del richiedente. È chiaro che alla lunga un comportamento di questo tipo se inizialmente sembrerà portare dei vantaggi immediati, produrrà isolamento sociale.
Per questo motivo le persone passive danno adito a manipolazioni e non consentono l’attuazione degli scopi che hanno originato la risposta, favoriscono atti d’offesa e di prevaricazione su di loro; confondono una presa di posizione per aggressività, pertanto non la attuano mai e non riconoscono, o non accettano di avere dei propri diritti. Temono che un atto affermativo comporti conseguenze negative per la relazione e tendono a confondere la propria passività per una buona qualità personale, come la disponibilità. In realtà mancano di abilità comunicative ed agiscono sulla base del principio di compiacere gli altri per evitare il conflitto ad ogni costo.
Se inizialmente le persone passive eludono uno stato d’ansia ed acquistano approvazione e lode come persone generose, disponibili, altruiste, servizievoli e tranquille, alla fine tendono a perdere stima di sé, a nutrire risentimento, a provare irritazione e rabbia, che talvolta può essere somatizzata.
Come detto all’inizio alla base di un comportamento interpersonale vi è la gestione dell’ansia nel guidare la risposta da dare all’altro; questa emozione, infatti, che è solo la naturale risposta a stimoli di minaccia più o meno reali, preclude la possibilità ad un accomodamento emotivo; la persona risponderà all’ansia per evitarla e non alla richiesta reale e, se l’aggressivo lo farà sfociando in un conflitto aperto, il passivo invece la eviterà sottomettendosi.
COSA PREVEDE LA TERAPIA COGNITIVO COMPORTAMENTALE
Le idee irrazionali disturbanti sono state elaborate da Brondino e Calva, e secondo Ellis, Lange e Jakubowski quelle responsabili di atteggiamenti e comportamenti anassertivi sono:
È necessario essere amato e approvato da quasi tutti in quasi tutto ciò che faccio. (se non sono amato non valgo niente; non ce la farò mai, allora non ho nessuno su cui contare, anche questa volta ho sbagliato amico…)
Bisogna essere totalmente esperti, adatti ed efficienti sotto ogni possibile aspetto.
Certe persone sono cattive, malvagie, vili o inferiori e devono essere severamente castigate o accusate per i loro difetti, peccati o cattive azioni.
È terribile, orrendo e catastrofico che le cose non marcino nel modo in cui si vorrebbe che marciassero.
La disgrazia umana ha cause esterne e l’individuo non è in grado di controllare le sue angosce o di liberarsi dei sentimenti negativi.
Se qualcosa è o può essere pericoloso o temibile, l’individuo deve preoccuparsene moltissimo e deve sentirsi sconvolto.
È più facile sfuggire a molte difficoltà e responsabilità della vita che mettere in pratica forme di autodisciplina più soddisfacenti.
Il passato è di assoluta importanza; se una volta qualcosa ha danneggiato la vita di qualcuno, continuerà a farlo indefinitamente.
La gente e le cose dovrebbero essere diversi da come sono ed è catastrofico non trovare immediatamente soluzioni perfette per le sgradevoli realtà della vita.
Il massimo della felicità umana si può ottenere attraverso l’inerzia e l’inazione o “auto-compiacendosi di se stessi” passivamente e senza impegnarsi.
Ci si deve infastidire moltissimo per i problemi e i turbamenti degli altri.
Si deve avere qualcuno più forte di noi in cui confidare e da cui dipendere.
Queste idee, totalmente irrazionali, sono invece considerate legittime e necessarie dalle persone anassertive. Naturalmente, non si parla di avere una o due idee irrazionali, magari in determinate situazioni o con determinate persone, ma di una tendenza più globale.
I miti o le errate opinioni della persona, tendono ad essere ancora più radicate in quanto spesso sono apprese durante l’educazione familiare e divengono pertanto principi morali della persona.
I miti più importanti, ricavati dall’elaborazione di Ellis, sono i seguenti:
Mito della modestia
Gli individui che aderiscono a questo mito, ritengono che la modestia sia una virtù necessaria e quindi, sono incapaci di vivere ed accettare con equilibrio il riconoscimento dei propri meriti e dei propri pregi.
Tale convinzione si traduce in disagio di fronte ad apprezzamenti o complimenti, sebbene realistici e fondati. Questo atteggiamento, induce l’incapacità a rispondere verbalmente ai complimenti o di parlare positivamente di sé e lascia il posto, al contrario, al formarsi di un’idea negativa di se stessi che, così come nega ogni lode, è disposta a giustificare qualsiasi critica o deprezzamento nei propri confronti. L’attenzione e l’emotività dell’individuo, si concentrano di conseguenza sugli aspetti peggiori o deboli della propria personalità e, esaltando i fallimenti, innescano un meccanismo d’ansia e depressione.
Ha valore terapeutico il diritto di valorizzare e riconoscere le proprie qualità, l’importanza, quando ci si presenta, di parlare nella giusta misura di sé e dei propri aspetti positivi e la necessità di accettare senza minimizzarli, i complimenti degli altri e di valorizzare noi stessi ed i pregi altrui.
Mito dell’ansia
Queste persone sono terrorizzate all’idea di poter rivelare agli altri la propria ansia, poiché essa è vissuta come prova ed indice di debolezza. Tale comportamento è una conseguenza dell’adesione ad un ideale d’uomo “tutto d’un pezzo” che può contare in ogni circostanza sulla perfetta padronanza di se stesso.
D’altro canto, lo sforzo per sfuggire l’ansia rende l’individuo più sensibile ad ogni aumento del suo livello d’ansia, contribuendo ad innalzarlo ulteriormente.
Mito dell’obbligo
Questo mito è connesso direttamente a quello del vero amico che vedremo di seguito, in quanto l’adesione ad esso comporta, da un lato l’incapacità a rifiutare un piacere ad un amico o più in generale da dissentire dalle opinioni espresse da persone a cui si desidera piacere, dall’altro, la convinzione che ogni richiesta che facciamo agli altri, sia un’imposizione e come tale vada evitata per non cagionare fastidio o rancori di vario tipo. Nel primo caso il soggetto agirebbe per obbligo, nell’altro non agirebbe affatto, per paura di “obbligare” gli altri. Come risultato, la frustrazione provata in qualunque situazione viene proiettata all’esterno, nel senso che la responsabilità della comunicazione è sempre di coloro che sono a noi vicini, fino a raggiungere la conclusione che nessuno ci capisce davvero. Insorge quindi la speranza di incontrare la persona eletta, quella in grado di comprendere, capire senza chiedere, anticipare e soddisfare ogni nostra implicita e sottintesa richiesta, andando inoltre a prevenire ed evitare ogni lavoro incarico a noi sgradito. Tale aspettativa viene naturalmente disattesa generando sfiducia e diffidenza verso il prossimo, fino all’isolamento.
Mito del vero amico
L’amicizia è considerata un bene fondamentale, soprattutto nella nostra cultura e questo mito consiste appunto nel convincimento che la corrispondenza di intenti ed affetti tra due persone amiche deve essere tale da anticipare e comprendere bisogni, pensieri e aspettative l’uno dell’altro, senza che ci si debba esprimere in proposito. In realtà, solo comunicando ed esprimendo apertamente i nostri sentimenti possiamo essere certi di venir compresi e di riuscire a trovare un accordo costruttivo.
Il mito del migliore amico, genera spesso la sensazione che le persone si approfittano di noi, che non siano interessati e che non comprendano a pieno le nostre esigenze…e purtroppo è così!!!
Tecniche di Addestramento Assertivo
Sincronizzazione
si riferisce alla congruenza di tutte le abilità non verbali e di quelle verbali.
Aspetto fisico
Pur non essendo una tecnica assertiva vera e propria, l’aspetto fisico esterno assume un ruolo significativo nel contesto del trainino assertivo; infatti, molte persone ignorano che la maggior parte degli aspetti del loro fisico, mal valorizzati o trascurati, possono provocare distacco ed emarginazione da parte degli altri. Non parliamo solo del modo di vestire, ma più in generale dell’atteggiamento della persona.
Osservazione
Si riferisce al concetto di passare dal ruolo di osservato, sempre sotto gli occhi di tutti e quindi impegnato a sostenere la “propria parte”, a quello di osservatore.
Contatto oculare
Guardare il proprio interlocutore è segno d’interesse ed attenzione ed è un potente mezzo per dichiarare la propria sincerità e disponibilità.
Mimica facciale
La mimica facciale è quindi complemento del contatto oculare e con essa si fa riferimento ad ogni variazione di sopracciglia, occhi, bocca e guance.
Tono della voce
È importantissima per definire il significato all’espressione verbale; attraverso la sua variazione si sposta l’intero contenuto semantico e consente l’ampliamento del repertorio espressivo.
Gestualità
Serve a rinforzare il contenuto verbale e si riferisce ai movimenti di mani e braccia che accompagnano la comunicazione. Entrambe le funzioni sono da considerarsi fenomeni di carattere culturale e, il possesso del codice gestuale consente l’arricchimento del proprio vocabolario e di inibire in modo efficace l’ansia.
Spazio sociale
È rappresentato in prima istanza dalla posizione che l’individuo occupa nello spazio; nel caso di un passivo ci aspetteremo che faccia “da tappezzeria” all’ambiente in cui si trova, minimizzando e confondendo la propria presenza; l’aggressivo sfrutta invece tutto lo spazio che ha a disposizione, spesso invadendo quello altrui: si avvicina alle persone, gesticola visibilmente ed ha un atteggiamento globale in conversazione intimidatorio e provocatorio.
Più in specifico lo spazio sociale si distingue in:
- Posizione
- Visibilità sociale
- Spazio corporeo
E quest’ultimo a sua volta si analizza in termini di orientamento del corpo nello spazio e di distanza sociale, fino a raggiungere il contatto dell’altro, con la stretta di mano o in termini di maggior intimità con tutto il corpo.
Le abilità verbali sono riassumibili come:
- Auto apertura
- Inserimento in conversazione
- Libere informazioni
- Domande chiuse, aperte e risposte riflesse
- Cambio argomento e Porre fine alla conversazione
- Gestione del silenzio
Infine appare utile menzionare le abilità di difesa e persistenza, in quanto, la persona assertiva, non sempre ha a che fare con persone che hanno appreso questa stessa abilità e inoltre, in alcune occasioni particolari tutti diventiamo in qualche modo un po’ più anassertivi. In caso di critica o manipolazione, è spesso inevitabile provare sentimenti particolari quali il senso di colpa, di ignoranza, o ansia generalizzata, ma, in virtù della difesa dei propri diritti, mantenendo una relazione sociale positiva, possono tornar utili alcune tecniche specifiche. È importante che, prima di scegliere una tecnica, sia chiaro che il sentimento che stiamo provando è solo nostro, nel senso che nessuno “ce l’ha fatto provare”. Queste infatti non sono tecniche utili a farci smettere di provare ansia, senso di colpa o di ignoranza, ma a difenderci da un tentativo di manipolazione, anche inconsapevole dell’altro.
Bibliografia
Anchisi, R., Gambotto Dessy, M. (1995). Non solo comunicare. Teoria e pratica del comportamento assertivo. Edizioni liberia cortina. Torino.
Galeazzi, A., Meazzini, P. (2004). Mente e Comportamento. Giunti Editore, Firenze.
Goldwurm, G.F., Sacchi, D., Scarlato, A. (1986). Le tecniche di rilassamento nella terapia comportamentale. Franco Angeli.